LEAN – Puntata #4
Riduzione dei tempi di set-up: metodologia SMED
I vantaggi dell’ottimizzazione
SMED, acronimo di Single Minute Exchange of Die, è uno strumento che ha origine negli stabilimenti Toyota all’inizio degli anni ’50. Ideato da Shigeo Shingō, noto ingegnere giapponese, viene introdotto con l’obiettivo di ridurre al minimo i tempi di set-up, fino ad arrivare ad un abbattimento del 90% di tale attività che non ha valore aggiunto per il cliente finale. Come visto nella scorsa puntata, in cui abbiamo approfondito l’OEE con le relative Six Big Losses, la metodologia SMED si pone l’obiettivo di andare a ridurre le perdite di disponibilità che solitamente hanno un importante impatto sulla flessibilità, reattività ed efficienza di un sistema produttivo.
Come funziona questa metodologia?
Prima di tutto, è molto importante chiarire cosa si intende con il termine “set-up”; il “set-up” è l’insieme di attività (e relativi tempi) che intercorrono tra la produzione dell’ultimo pezzo conforme del lotto precedente e il primo pezzo conforme del lotto successivo.
La metodologia si basa su quattro fasi.
Prima fase: osserva
Consiste nell’attenta osservazione e analisi dell’attuale processo di set-up, con lo scopo di comprendere tutte quelle attività che vengono compiute nel cambio di produzione.
Seconda fase: separa
In questa fase occorre distinguere ciò che deve essere necessariamente effettuato a macchina ferma da ciò che può essere eseguito durante il funzionamento della macchina. Le attività da eseguire a macchina ferma si definiscono IED (Inside Exchange of Die) mentre le attività che si possono effettuare mentre la macchina lavora si definiscono OED (Outside Exchange of Die).
Terza fase: converti
A questo punto si passa a convertire il più possibile le IED in OED, con l’obiettivo di eseguire a macchina ferma solo le operazioni necessarie. Alcuni esempi di interventi in tal senso: preparare in anticipo attrezzature, strumenti di lavoro e di misura mentre la macchina sta ancora lavorando oppure disporre gli strumenti necessari vicino al punto di utilizzo e nella sequenza di utilizzo.
Quarta fase: riduci
Nell’ultima fase si studiano le modifiche da apportare per ottimizzare ogni singola attività, interna o esterna che sia, con lo scopo di ridurre energie e tempi necessari alla loro esecuzione. Ad esempio: parallelizzazione delle attività, semplificazione delle sequenze operative oppure utilizzo di efficienti strumenti di lavoro.
Attraverso questa metodologia si possono ottenere diversi vantaggi all’interno del proprio sistema produttivo, tra cui l’incremento di produttività a parità di risorse, l’aumento di flessibilità del sistema produttivo, la riduzione dei lead time di produzione e la minimizzazione delle dispersioni di tempo.
Proprio sulle dispersioni di tempo ci concentreremo nella prossima puntata, andando ad analizzare la metodologia 5S, che pone attenzione a tutte le piccole (ma grandi) perdite che occorrono giornalmente nella maggior parte dei sistemi produttivi.
Autore: Stefano Guarisco